Appena varcata la soglia dell’ingresso mi ha assalita quella piccolezza che arriva puntuale nei luoghi di cultura. Mi guardavo intorno tra i tanti titoli di libri per trovare qualcosa di familiare, per trovare un appiglio e da una vetrinetta ho trovato “Goldrake” compagno di molti pomeriggi di TV e latte col Nesquik anche se io preferivo “Jeeg Robot”…
Nella breve attesa cercavo di calmarmi ripetendomi che tutto sarebbe andato bene e che “non mi sarei delusa”. Perchè è quando mi deludo che faccio fatica a perdonarmi, più che quando accade per gli altri.
Poco dopo io e la mia sostenitrice siamo entrate nell’ufficio dove ho conosciuto una persona dal sorriso largo e una linea sulla guancia. L’ufficio era pieno di luce e il sole mi rimbalzava piacevolmente proprio sulla faccia mentre col mio solito romanticismo lo leggevo come un segno di vicinanza. Ho ascoltato, ho parlato e soprattutto ho vissuto a pieno quell’ora speciale, tutta per me e per le cose che avevo da raccontare, prima timidamente poi come un fiume in piena. Mi sono sentita parte di qualcosa di vero, d’importante e di unico a prescindere dal risultato finale perchè lo sentivo da chi avevo di fronte, dal suo sguardo e dal suo silenzio sempre più prolungato nel mio ascolto. E se sono entrata in quel luogo imbarazzata e piccola, ne sono uscita riscaldata e grande, con un sacchetto pieno di regali e il cuore leggero.