“La casa per gli artisti” quante volte ho sentito nominarla senza saperne nulla!…ma grazie all’invito del gentil Riccardo, sono andata a scoprirne un pezzetto.
Vestita a festa ero al Teatro delle Celebrazioni, seduta nella poltroncina rossa, con quella bella sensazione che si prova a conoscere qualcosa d’importante: la storia della Casa di riposo per artisti Lyda Borelli di Bologna, unica ed eccezionale realtà italiana di questo tipo.

La sala era piena di persone che si conoscevano, in un’atmosfera frizzante fatta di esclamazioni e abbracci, visi (mascherati) noti e sconosciuti. Sul palco gli strumenti pronti facevano da scenografia al presentatore, l’attuale Presidente della Fondazione Lydia Borelli, Massimo Mezzetti, che ha spiegato che cos’è la casa degli artisti ed elencato tanti nomi che hanno contribuito a costruirla con i mattoni e con le loro anime. Ha parlato anche Riccardo Marchesini, il regista, terminando così il suo discorso:
“Voglio concludere rivelando un segreto, nel senso che non so se avete notato che ci sono dei posti vuoti e anche tutta la galleria è rimasta vuota! voi pensate che sia gente che non sia venuta e invece sono posti che sono stati riservati agli spettri, ai fantasmi di casa Borelli che questa sera sono qui. Io li sento, li percepisco anche se non li vedo e vedranno sullo schermo insieme a voi la loro storia, le loro avventure e godranno questo spettacolo, a loro, alla loro memoria va il mio ringraziamento”.

Hanno seguito le testimonianze di personaggi che hanno conosciuto in prima persona sia la vita complicata dell’attore che l’anima della casa: Anna Majani “la regina del cioccolato” che oltre ad esser stata un’assidua frequentatrice della casa, ne è stata anche il Presidente. Scomparsa recentemente, la figura di Anna, é stata raccontata dalle grandi amiche Giuliana Lojodice e Milena Vukotic che ha concluso dedicandole una frase di Emilie Dickinson.
Ha seguito la testimonianza del figlio Francesco, visibilmente emozionato, nella rivelazione che sua madre Anna Majani avrebbe voluto fare l’attrice ma ha declinato la sua aspirazione in maniera diversa.
Questo mondo non è conclusione.
C’è un seguito al di là
invisibile, come la musica
ma forte, come il suono…
La musica della Doctor Dixie Jazz Band, storica formazione bolognese, ha preceduto la visione della Docu-fiction, predisponendone lo stato d’animo. Il signor Checco Coniglio, famoso trombettista, ha raccontato qualcosa prima di ogni brano e il suono degli strumenti sprigionava vita, storie e miriadi di avventure condivise. L’apoteosi è stata l’ospitata sul palco di un ex batterista del gruppo e oggi ospite della casa degli artisti che ha raggiunto a fatica la postazione alla batteria e appena afferrate le bacchette, si sono completamente slegate dalla sua lentezza mentre volavano sui piatti insieme al suo sorriso stampato. Era come assistere al miracolo che compie la musica sulle persone che ritrovano la loro parte più vitale. Commovente e forte al tempo stesso, un monito a nutrirsi di passioni, le stesse che hanno alimentato tutti i protagonisti della Casa.
Nata nel 1917 per iniziativa di Adolfo De Riccardi, grande impresario teatrale e da un gruppo di artisti e scrittori, é stata edificata su un terreno donato dal comune di Bologna ed inaugurata il 28 ottobre 1931. Nel 1959 è stato possibile realizzare gli ultimi tre piani della villa, la dependance, la cappella privata dedicata a San Genesio, protettore degli attori, e il Teatro delle Celebrazioni, grazie alla magnanimità del Conte Vittorio Cini che in ricordo della moglie Lyda Borelli ha donato cento milioni di lire.
Costruita come un grande albergo, ambiente familiare per chi ha vissuto la carriera teatrale e cinematografica. Chi intraprendeva questa professione difficilmente riusciva a costruirsi un proprio nido familiare sia per lo stile di vita che per le precarie condizioni economiche, arrivando alla fine della carriera senza un posto dove andare. Quindi la casa degli artisti si é popolata di anime inquiete prigioniere del loro sogno, personaggi inconsueti spesso in conflitto nell’affermazione della propria unicità ma ci sono stati anche tre o quattro matrimoni, celebrati nella cappella adiacente di San Genesio (il santo protettore degli attori) divenuta una biblioteca dal 2006.







Nella Docu-fiction si sono alternate scene recitate (da Lucia Poli, Giulia Lazzarini, Umberto Bortolani, Elena Bucci, Alessandra Frabetti, Francesca Mazza, Stefano Randisi, Marco Sgrosso, Enzo Vetrano) a testimonianze di attori e figure del mondo dello spettacolo (di Pupi Avati, Gabriele Lavia, Giuliana Lojodice, Glauco Mauri, Tullio Solenghi, Pino Strabioli e Milena Vukotic) in una mescolanza ben dosata che mi ha arricchita grazie ad una nuova coinvolgente storia, di una Bologna che non smette mai di stupirmi.
Amati fantasmi, da oggi vi amo anch’io…


