Devo partire dall’inizio, dal 1981 quando, per un bellissimo caso della fortuna, partecipai al film “Dancing Paradise” di Pupi Avati con il Piccolo Coro dell’Antoniano diretto da Mariele Ventre. Cantammo qualche canzone travestiti da angeli nel Teatro Comunale di Budrio. Ricordo che fu bellissimo perché eravamo senza genitori e perché l’atmosfera era quella di un sogno, anche se di palcoscenici ne avevamo già saliti parecchi. Lì eravamo degli angeli che cantavano in mezzo ad un’orchestra strepitosa!

Da quel 1981 arriviamo ad un mese fa quando, sono riuscita a rintracciare la mail di photo_2017-10-06_21-55-58Pupi Avati per raccogliere la sua storia col Piccolo Coro e Mariele,  per il sito di Testimonianze Musicali. Nella mail mi sono presentata come un’angelo di Dancing Paradise, inoltre sul finale, gli ho raccontato di aver scritto un diario che ha partecipato al Premio Saverio Tutino. Gli ho scritto tre volte e alla quarta, forse per sfinimento, mi ha mandato l’indirizzo cui mandare il mio diario cartaceo e il giorno stesso mi sono precipitata in tipografia a stamparlo (un giorno speciale…) e in posta a spedirlo.
In seguito, casualmente, ho partecipato ad una mostra bolognese e leggendo informazioni ho scoperto che Pupi Avati sarebbe stato ospite con una conferenza, così, quel pomeriggio mi sono precipitata ad ascoltarlo. Mi sono ripresentata come angelo e sono rimasta profondamente scossa dal suo modo di comunicare così semplice e profondo al tempo stesso. Continuavo a ripetermi che “avrei pagato pur di sentirlo ancora parlare” e il giorno seguente, cercando notizie sulla conferenza, ho scoperto che avrebbe tenuto un workshop di recitazione cinematografica di due giorni proprio a Bologna. Ma io non ho mai pensato di fare l’attrice! però, quello che mi ha convinta, è stata una frase dell’articolo del Resto del Carlino web che citava:

Pupi Avati e Bologna. Non ha mai ricambiato il mio amore - Cosa Fare - In Città - ilrestodelcarlino.it - Google Chrome

Così ho deciso di concentrare compleanno e Natale in n unico regalo: questo.
La prima giornata, sabato 14 ottobre.


La seconda, domenica 15, questa:

Stamattina sono salita sul mio piccolo palcoscenico, decisa a fare la parte che preferivo. Così, quando ho accompagnato mio figlio e mio marito davanti all’Antoniano, non sono scesa dalla macchina per salutare nessuno. È stato soddisfacente dire di NO al mio IO scocciatore che mi dice quello che “devo fare” ignorando ciò che “voglio fare”. Non ho aspettato che partissero per andarmene, avrebbero sopravvissuto e mi sono diretta per Via Saragozza che era stupendamente libera. Ho trovato parcheggio quasi di fronte al teatro! e con calma mi sono concessa un cannolino alla crema e un caffè. Poi decisa, ho raggiunto i portici di San Luca e dopo aver trovato un angolo ideale, ho appoggiato il mio borsone, sistemato la sciarpetta intorno al collo e ho iniziato a cucire una bella busta di juta. E per la seconda volta ho zittito il mio IO seccatore che mi stava dando della ridicola. Stavo realizzando qualcosa con le mie mani godendo dell’aria mattutina, della magia dei portici e del sogno che galleggiava dentro me. Ho scelto il filo rosso che era dello stesso tono della copertina del diario che avrebbe contenuto la busta di juta. Infatti, ogni volta che regalo il mio diario a qualcuno, gli cucio una busta personalizzata a seconda dell’ispirazione del momento. Per Pupi avevo scelto il rosso, come la passione che arde dentro di me. E mentre cucivo qualche passante mi guardava di sottecchi con curiosità e quando ho fermato una signora per chiederle di farmi una foto, questa era impaurita, dicendo che non ne era capace ma con un sorriso l’ho convinta. Volevo fissare quel momento di leggerezza.

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E mentre cucivo pensavo a come mi stavo rilassando al posto di spippolare* (spippolare: occuparsi in una serie di operazioni, di lavori, in modo affannoso, disordinato, talvolta inutile.) il cellulare. Quindi le nove e mezza sono arrivate in un baleno e vicinissima ho raggiunto il teatro per la seconda giornata come “uditrice” per il masterclass cinematografico con Pupi Avati. Oggi, grazie al mio dono di essere fisionomista (per le facce ma non per i nomi!) associavo molti dei partecipanti di ieri agli aggettivi attribuiti da Pupi e da me, quindi incrociavo “la cattiva”, “la comica”, “l’incerto”, “la straniera” con silenziosa familiarità nel riconoscerli. Ci hanno fatto salire sul palco e questa volta ho trovato una posizione che mi permetteva di osservare proprio bene di fronte, il Maestro. E quanta soddisfazione covavo nell’idea di un’altra giornata così!
Pupi ha iniziato l’incontro chiedendo.

“Che cosa avete pensato di ieri? In rapporto a quello che avete fatto, come vi siete sentiti? Soddisfatti, insoddisfatti? Avete visto qualcuno fare bene la cosa?”

E via via alcuni partecipanti raccontavano le loro riflessioni ma io che sono spietata leggevo in ognuno un teatrino abbastanza scontato dentro a una mancanza di vera e propria “immersione” dentro di loro. Sembrava che tutti volessero semplicemente una parte. Ma chi sono io per giudicare? Forse è perché ci sono passata anch’io da certi atteggiamenti da compiacimento, certe finte scorciatoie che portano solo alla casella di partenza? Perché ahimè credo che il percorso sia lungo e doloroso per arrivare a cercare se stessi ma finché non lo si percorre è impossibile essere autentici. Come si fa ad essere “veri” senza conoscersi? E cosa significa conoscersi?
E tra una recita e una mezza verità, Pupi ha svelato un segreto dicendo:

“Gli attori migliori sono quelli che rimangono sempre loro stessi”. “Il fatto che in teatro si debba sempre enfatizzare è una menzogna e sputando nel piatto, vi suggerisco di non andare in nessuna scuola di teatro perché spesso non ci sono maestri, infatti, come diceva (non ho capito chi): “Quando non sai fare una cosa insegnala!”.

Inoltre faceva commenti del tipo: “Mi sembri una persona intelligente poi in genere mi sbaglio eh?!”sciogliendo le tensioni in una risata generale.
Interrogava gli aspiranti attori chiedendo:

“Quando hai visto alcuni in cui il mio parere era positivo, il tuo coincideva col mio?” e ancora: “Quando l’attore veniva apprezzato,  avevi l’impressione di poterlo fare anche tu?”

E mentre chiedeva io mi rispondevo che sì assolutamente si, coincideva e che forse avrei potuto provare…ma io non ero lì per fare l’attrice ma per catturare quanto più possibile sulle mie capacità, da un regista che stimo profondamente, ora, anche come persona per il suo modo di avvicinarsi alla fragilità, all’essenza di chi ha di fronte, alla sua normalità che è comunque unicità…e lo faceva chiedendo:

“Cosa fa tua mamma? Tuo papà? E tua zia? È morta? L’ultima volta che sei stata al ristorante? Cos’hai mangiato? Di secondo?” e all’improvviso l’interrogata si metteva a piangere mentre Pupi la rassicurava dicendo: “Piangi, va benissimo”…

Poi ha spiegato che un aspetto importante nel mondo di chi si esprime (ma quanto è bella questa definizione?) è l’autostima. E ha acceso la mia macchina da presa, raccontando un episodio di quando stava facendo il suo secondo film disastro.

“Ero stato alla scuola del Piccolo a Milano per scegliere un’attrice simile a Grace Kelly che, dopo 150 provini, avevo trovato: una ragazzina 17 enne milanese perfetta! Felice, dopo averlo comunicato alla troupe, arrivò il giorno in cui dovevamo girare, con grande attesa. All’improvviso si era aperto il portone della chiesa e in controluce avevo visto entrare la ragazza ma, man mano che si avvicinava, non mi sembrava che le assomigliasse e addirittura pensai: “ma questa sembra Irene Papas”…e quando mi arrivò di fronte le dissi: “lei chi è?” e la ragazza rispose: “la mia amica non è potuta venire…” quindi ho pensato che questa era la considerazione che avevano di me e io stavo facendo una figuraccia davanti a tutti così l’ho fatta uscire. “Per favore se ne vada!” Mi sentivo sminuito, infuriato, demoralizzato. E lei era uscita. Si era seduta al tavolino di un bar, in inverno a Ferrara, sapete è molto freddo in inverno a Ferrara? e non se ne andava, lei era lì, stretta così. Il bar stava chiudendo e incatenavano le seggioline. Quelli della troupe ogni tanto controllavano e lei era sempre lì.  A un certo punto sono uscito, me la sono trovata lì e le ho detto: “vieni qua, non ti faccio niente…tu non te ne sei andata, perché hai capito che sono un gran coglione?” e alla fine le avevo dato il personaggio. La mattina dopo, è arrivata sul set, l’ho guardata male e le ho detto: “Guarda che son cazzi oggi, vediamo come sei brava, AZIONE”.
Ha iniziato a recitare prima l’altra attrice vecchia, bravina, poi lei ha detto la sua battuta. E io ho sentito improvvisamente qualcosa che non avevo mai sentito “LA VERITÀ”. Avevo la pelle d’oca e si era creato un silenzio sul set ed ero talmente commosso…e tutta la troupe aveva applaudito! le ho preso le mani ghiacciate mentre tremava e le ho detto “ma allora sei brava! sei brava ma come ti chiami?” e lei: “Mariangela Melato”.

È la storia di come una persona ha fatto il proprio destino perchè il vostro destino lo fate voi! Racconto questo per fare capire l’autostima e la COSTANZA! Quindi vai, devi aspettare al freddo fuori dalla chiesa, con le seggioline incatenate…devi farlo tu, devi riuscire ad avere il ruolo, la situazione che faccia coincidere il tuo talento con quello che fai. Quando hai accertato il talento, vale la pena che faccia questo sacrificio! e c’è anche un atteggiamento che fa la differenza.. quando vedi persone già rassegnate, cercano un alibi!”

Quindi lo ascoltavo rapita da ogni concetto e scrivevo veloce più che potevo, maledicendomi per non aver fatto un corso di stenografia. E mi ci vedevo nitida in quella donnina sola stretta a sè, nelle infinite volte in cui ho vissuto controcorrente: con la mia maternità, la mia voglia di scrivere, il mio cercare di scoprirmi e inventarmi ogni giorno con costanza e determinazione. Perché il mio palcoscenico è la vita, giorno dopo giorno.
E lo spettacolo è sempre diverso ma la protagonista sempre la stessa.

“Attori si è o si diventa? È difficile insegnare la verità, deve esserci la predisposizione.”

Dopodichè Pupi ha ripreso il lavoro dei monologhi con le ragazze che ieri non l’avevano fatto. Una di queste, giovanissima, non riusciva a farlo per la troppa emozione e lui l’ha incoraggiata dicendole:

“Se rinunci adesso è definitivo, ti fa male, dobbiamo finirla!” tutti devono finirla, nessuno deve arrendersi!

E mentre incitava con severità e dolcezza insieme, allora capivo quale fosse la sua grandezza. Quando cercava la vicinanza umana, si  protraeva in avanti, abbassava il tono della voce, faceva domande semplici, essenziali e dirette. Ma sapeva anche scherzare chiedendo a una ragazza se era la fatina dei cartoni animati o dicendo a un altro di non fare il finto ingenuo e compiacere parlando di un cast pazzesco, dicendo “brava” senza sconti per nessuno.

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…poi mi sono divertita ad osservare la sua gestualità che lo rivelava…annotando:

“Pupi guarda frettolosamente l’orologio, si sfrega la faccia, si tocca la barba, si tocca la faccia, il collo, picchietta la sedia con la mano, ancora la barba, la bocca, si sistema sulla sedia, batte la sedia, si copre la faccia, guarda veloce in alto, mette la mano in tasca, ora annuisce, sbadiglia, sbarra gli occhi, chiude le palpebre, ancora la mano ora ferma sulla sedia, si tocca la barba, sposta il busto in avanti” era visibilmente stanco, infatti poco dopo dice: “Bene, facciamo 5 minuti di pausa!”


Il lampo di genio mi è arrivato mentre stavo bevendo il caffè e la barista era lenta come una lumaca e come tutte le volte che trovo qualcuno di lento allora mi ergo a quei tempi in cui in negozio gestivo quantità di persone impossibili tra vendita, cassa e magazzino.
Quindi l’ho bevuto in fretta perché non sapevo quanti minuti avevo per sfruttare quell’occasione. Sono corsa al mio posto sul palcoscenico, ho raccolto dal borsone la busta fresca di cucito e sono tornata al bar dove Pupi seduto a un tavolino mentre guardava il cellulare in compagnia di un’assistente. Lei quando mi ha visto mi ha chiesto di lasciarlo stare ma io le ho promesso di rubargli pochissimo tempo. Decisa ho appoggiato la busta sul tavolino ma lui pare non averla gradita perché mi ha subito detto che la busta potevo tenerla…e tirando fuori il mio diario gliel’ho presentato come la prossima sceneggiatura del suo film! che coraggio…quanta energia ho consumato per farlo, perché è stato un approccio che non fa parte della mia natura…ma lui subito l’ha riconosciuto e mi ha confermato di averlo già ricevuto. Così gli ho spiegato che volevo esserne sicura e lui ha photo_2017-10-16_19-04-45fatto una telefonata con un certo Luigi che magari dall’altro capo gli stava dicendo che era una schifezza… ma questo non lo saprò mai. Mi ha risposto di aspettare una mail e che c’era gente che aspettava anche da un anno…poi mi ha parlato di Padre Berardo che conosceva molto bene e di Mariele che incontrò solo per il film “Dancing Paradise” e mentre aprivo il diario alla pagina del film lui la mostrava all’assistente. Così mi sono ripresa la busta e la copia e non vedevo l’ora di scomparire, ahimè quell’autostima di cui parlava è ancora debole…ma determinata ho fermato l’assistente dicendole che ieri avevo pubblicato un post nel mio sito, sulla prima lezione e chiesto se le poteva interessare…lei mi ha girato il numero e poco dopo l’ha condiviso gentilmente sulla pagina CS cinema.
E le ali iniziavano a spuntare…

 


Al ritorno dalla pausa, ho cambiato ruolo e da alunna sono diventata insegnante mentre giocavo a giudicare. Durante i vari monologhi mi appuntavo le critiche e quasi sempre combaciavano con quelle di Pupi. Il gioco stava diventando divertente e ad ogni cambio attori scrivevo mentre la vicina mi guardava con fare interrogativo. Addirittura dopo l’esibizione di un signore, ho simulato un applauso quando subito dopo Pupi ha detto: “Fategli un applauso!” l’unico…ed io ero a bocca aperta…
Tutto il tempo, copioni e giudizi mentre mi chiedevo come avessero fatto ad impararlo a memoria e come avrei potuto recitarlo io. Il copione dell’uomo sarebbe stato perfetto per il mio stato d’animo ..

E ancora tante frasi di Pupi che ha una dialettica che ti colpisce, ti arriva dritta…

“Recitare bene è essere.
Lui si è mangiato le parole, ha buttato via, ha timbrato poco ma era reale, autentico.
Ma ti rendi conto? Astronzo!
Le intenzioni erano giuste ma quando si parla, non si parla così..
Al provino dovete andare con una memoria di ferro!
Brava è un gran piacere sentire recitare così!
E tu dov’eri? -lui: “in bagno”- Da stamattina alle 9? Io non ti ho mai visto!
Tu fai troppe smorfie cerca di guardarti allo specchio.
Bene, quando la sapete bene fate dei piccoli intervalli, siete incalzanti, bravi!
Tu hai fatto un’altra…ti avrei chiesto di essere più te, però l’hai fatta bene quella là…
Tu hai voluto strafare!
Il tuo rigore non c’entra con la tua faccia!
Com’è che quando reciti diventi una belva?
La tecnica quando si recita non si deve sentire.
Hai suddiviso frasi e tempi secondo il tuo stato emotivo.
Un po’ meglio ma non è ancora il modo migliore, c’era ancora un decifit di verità!
Mi hai annichilito…è tutto tuo il modo che hai, tu sei così, la tua bellezza è questa, il tuo mondo è questo, anche un po’ barocco, un continuo sottolineare ogni momento, riempirlo di te…ma in casa tua sono tutti così? Sei un’eccezione! Non voglio appiattirti…
Ti ho sentito che c’era qualcosa nel testo che non fluiva ma c’è anche un po’ di mia responsabilità nel testo difficile..
Fallo diventare una cosa tua.
Tu devi cercare la tua verità.
L’avevi fatta tua con un’energia sotterranea…

Alla fine della lezione Pupi ha dato dei consigli pratici per chi vuole ottenere dei ruoli senza affidarsi a scuole o agenzie ma cercando direttamente in prima persona.
Infine ha consegnato gli attestati di partecipazione tra un sorriso e uno scatto.

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Io sono uscita da quel teatro con qualcosa in più: le stesse ali che mi avevano fatto volare
trentasei anni fa …