Era tutto pronto.
La sala sgombra, ordinata, in attesa di essere rinnovata.
La parete immacolata per il mobile dei miei desideri.
Pagato stamattina, trovato il trasportatore che me l’avrebbe consegnato oggi pomeriggio.
L’ho chiamato e già al telefono non mi convinceva.
Gli ho riferito le misure ed i dettagli per la consegna.

In casa ad aspettare tra una mail ed una lagna per i compiti di matematica.

Finalmente hanno suonato alla porta e dal videocitofono vedevo il mobile piazzato davanti al portone.
Aspettavo.
Gli ultimi minuti di pazienza.
Aspettavo.
Gli ultimi.
È salito il signore dicendo che il mobile non passava dalle scale.
Ma non era sufficiente a farmi innervosire.
Le chiacchiere aggiuntive mi facevano ribollire il sangue.
Nessuna soluzione, nessuna alternativa, solo del gran blabla inutile.
A questo punto dovevo decidere se farlo riportare indietro o depositarlo in garage, masticando rabbia e sputando parolacce nel cervello.
Ho chiamato Zucco ma sapevo che avrebbe solo gonfiato la mia ira, lasciandomi sentire una perfetta allocca.
Ma io ho scelto di tenerlo e le ho pensate tutte.
Chiedere al vicino di passare dal suo giardino o con una scala o con delle corde, per tirarlo su dal balcone. Chiedere ad un falegname di segare il cappello per poi riattaccarlo con cura.
Mah.
Sta di fatto che non mi arrendo e prima o poi entrerà nella nostra casa.