Stamattina ero incerta se continuare a dormire o alzarmi per la passeggiata di salute.
Mi sono alzata, contemporaneamente alla palpebra di Zucchetta.
Mi ha pregata di portarla con me.
Ho dato una spinta all’egoismo e l’ho incitata ad alzarsi in fretta.
Silenziosamente ci siamo preparate mentre Zucchetto era avvinghiato nel suo bozzolo di lenzuolo.
Tennis e coda, partenza.
Dopo pochi metri dietro front per il Nintendo di Zucchetta che voleva usare come conta passi e fotocamera.
Poi il sole ci ha scaldate, le mani si sono unite e i passi affiancati.
Zucchetta ha gradito il paesaggio mattutino della spiaggia vuota, la bassa marea, il mare liscio.
Al chilometro numero due, ha ammesso la sua stanchezza e le ho proposto il rientro.
Ma lei voleva vedere la mia passeggiata, quella che unisce la spiaggia al molo, ha stretto i denti e proseguito.
Io qualche volta, come stavolta, mi trovo in mezzo: tenere o lasciare?
Ho lasciato che scegliesse lei fin dove spingersi.
Intanto parlavamo, alternando silenzi di riposo.
Arrivate alla passeggiata, ha accantonato la stanchezza per ammirare le barche, commentare le forme e inventarne i valori.
Come al solito, non riesco a non collegare le barche al nonno che addirittura le vendeva.
Poi ecco la statua verdognola, che gira su se stessa, in un’imitazione di opera d’arte.
Zucchetta ogni tanto si sedeva, nei ritagli di ombra, per prendere fiato e controllare le monete guadagnate con i passi nel suo Nintendo giallo fiammante.
Ho notato che mi dava spesso la mano, molto più del solito, lei piccola selvaggia indipendente.
La sua manina era morbida, piacevole, leggera.
Poi c’è stato il ritorno faticoso, con il sole scottante, la sete, la fame, l’entusiasmo disperso.
Gli stessi chilometri dell’andata andavano ricalpestati per il ritorno.
E allora Zucchetta si è demoralizzata ma una strada diversa le ha confuso la possibile distanza.
Abbiamo lasciato i sassi, più faticosi da percorrere, per sbucare in una strada nera asfaltata.
Poi qualche ricordo, avvistando una zona dove andavamo qualche anno fa, quando il passeggino era ancora onnipresente.
Caldo bruciante, sudore e una cicala che allietava l’udito.
Pier Fulvia si presenta dopo uno scambio di battute sulla cicala che si fa vedere su un palo della luce.
Ancora l’ultimo chilometro ma c’è l’edicola ed entriamo per distrarci un po’.
Finalmente il curvone che gira verso casa ma lo spruzzo per le aiuole è un richiamo troppo forte.
Zucchetta ci si butta, piena di felicità e goccioline.
Ora basta, si torna.
Al cancello c’è Zucchetto ancora in pigiama, con il broncio.
Ci stava cercando.
Colazione tra giornalini, libri e relax.