Stamattina gran caos per uno sciopero improvviso degli autobus.
Per casualità ero in macchina quindi l’ho scoperto solo più tardi.
Ho letto qualche notizia frettolosamente in qua e in là.
Il primo pensiero che ho maturato è stato che se lo sciopero era stato improvviso, di certo stava succedendo qualcosa di molto grave.
Stasera al ritorno dal lavoro ho preso l’autobus che fortunatamente aveva ripreso il servizio.
Ho notato dei cartelli attaccati e mi sono incuriosita.
Quando il bus si è un po’ svuotato, mi sono avvicinata al conducente.
Gli ho chiesto se come cittadina avrei potuto fare qualcosa per aiutarli.
Lui era disarmato e mi ha risposto che bastava la solidarietà.
Poi mi ha raccontato che vogliono vendere il servizio pubblico ad un privato.
Diceva che avevano fatto delle mosse per far fallire l’azienda e che da quando non incassavano più i divieti di sosta, sono iniziati i primi problemi finanziari.
Due depositi in provincia chiuderanno e tutti i dipendenti saranno trasferiti in città.
L’autista era molto rassegnato.
Per parlargli dovevo sporgermi in un modo assurdo. Sembrava chiuso in una scatola di plexiglas.
Questa barriera mi ha fatto pensare alle tante barriere che pian piano ci siamo tutti costruiti, fino a rimanere soli, a guardarsi dai vetri.
Dalla legge sulla privacy, inventata per avere paura del prossimo, alle svariate piccole e grandi divisioni create tra gli uomini.
Spero tanto che tutte queste brutte cose servano a svegliare la gente da questo sonno d’indifferenza e menefreghismo.

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