La mia carriera di apprendista commessa é iniziata a diciassette anni e si é interrotta a trentuno da gerente. Ho trascorso l’adolescenza lavorando e nonostante le soddisfazioni raggiunte, ero arrivata ad avere la repulsione della gente che tranne in rari casi, mi sembrava tutta uguale, banalizzata dalle stesse richieste, le stesse frasi odiose come “ci penso” o dalle scuse banali per non comprare. Il mio lavoro era solo “vendere” e il mio fallimento il non riuscirci. Cercavo di sopravvivere a quel circolo vizioso migliorando l’esposizione e mantenendo il magazzino in perfetto ordine ma non era sufficiente perché l’ordine dovevo farlo anche dentro di me. Avevo scelto un lavoro come ripiego e la mia frustrazione faceva la voce grossa rendendomi insoddisfatta nonostante il mio senso del dovere continuasse a guidarmi.

In seguito a un licenziamento finito in causa vinta ho trascorso una lunga pausa “forzata” che mi ha costretta ad inventare un modo diverso per campare dopo un periodo di smarrimento totale che ora, col senno di poi, benedico. Mi sono inventata un lavoro di ricerca d’arte che mi ha costretta a imparare cose mai fatte e soprattutto ad avere ritagli di tempo impensabili in cui ho imparato a conoscermi meglio scoprendo gusti e capacità fino ad allora sconosciuti. Così da venditrice sono diventata cliente, osservando il mio ex lavoro con una prospettiva diversa. Mi sono accorta che alcune frasi che in passato dicevo anch’io o atteggiamenti di scarsa disponibilità, m’infastidivano e soprattutto le frasi rivolte erano sempre le stesse, senza nessuna tonalità umana. Ho notato che la gentilezza era diventato un elemento molto importante che influenzava le mie scelte, anche solo per andare a bere un caffè. Ho compreso che il lavoro di commessa che negli anni passati era assai rilevante per un punto vendita, si é trasformato ridimensionando la sua funzione e sostituendo punti di riferimento umani con semplici informatori. Ormai i negozi in cui ci si affida al venditore sono rari ma quei pochi rimasti custodiscono il segreto per fare la differenza rispetto ad un acquisto online.

Durante gli anni di pausa da commessa, ho acquisito un bagaglio di conoscenza con nuove competenze ma soprattutto ho scoperto chi ero attraverso le passioni che mi hanno cambiata profondamente dando un valore molto importante anche al mio tempo. Terminata l’esperienza di ricercatrice d’arte sono tornata a lavorare in negozio con un orario che mi permettesse di vivere e non sopravvivere, mantenendo lo spirito adolescenziale fatto di coraggio e curiosità. Mi sono resa conto che il lavoro svolto da persona soddisfatta, ne alimenta il profitto e ho fatto tesoro di quanto una crisi possa diventare un’occasione di cambiamento. Inoltre esistono dei “segnali d’allarme’ che si accendono quando incontro delle difficoltà o dei fastidi che probabilmente sono parti di me irrisolte su cui fare luce.

Da piccolina vendevo i giornalini in campeggio quindi probabilmente esistono delle predisposizioni individuali ma “venditori si nasce” é una definizione che mi sta stretta e mettere arte nel proprio lavoro, esige un lavoro continuo anche su di sé.