Ho puntato la sveglia presto per prepararmi con calma, come quando tengo particolarmente a qualcosa. Mi piacerebbe sentirmi gioiosa, come tutte le volte che incontro il mio caro coro ma oggi non ci riesco. Nella divisa che indosserò c’è un capo in più da aggiungere che rende tutto diverso, distante e strano. Stavolta non porterò Topo Gigio perché canteremo solo alla messa e devo ricordare il libretto per non scordare le parole che oggi, ahimè, canteremo senza basi. Sarà come uno spuntino dopo un lungo digiuno, infatti sono mesi che non ci troviamo, che non cantiamo, che restiamo uniti, appesi ad una chat in questa lontananza faticosa. Ho quasi paura a diventare felice, paura d’illudermi che tutto tornerà come prima, con il coro dei Vecchioni di Mariele. Parto in macchina con mio marito e mio figlio mentre il viaggio è talmente tranquillo che mi addormento e sgualcisco la divisa di lino. Arriviamo a Pavullo, che è diventato un appuntamento annuale per ricordare Padre Berardo e scorgo nella piazza davanti alla chiesa altre casacche di lino e figure familiari. Luciana, la direttrice dagli occhi vispi, ci fa fare subito una prova dei canti di fianco alla chiesa mentre man mano arrivano tutti. In questo piccolo angolo tra la pietra della chiesa e la terra verde respiro bellezza. Poco dopo inizia la messa, celebrata da Padre Secondo e finalmente cantiamo, un po’ distanti, un po’ coperti da quella pezza di stoffa sulla faccia che evoca inquietudine. La predica di oggi parla del bene, di quello che si fa ad alcune persone ma che torna indietro da altre, motivo per cui non si deve perdere fiducia. Non ci avevo mai pensato, perlomeno non in questa forma e crederlo è quasi un sollievo, una liberazione, un annullamento delle aspettative nei confronti di alcuni. Poi succede che durante la messa una campana inizia a suonare forte, incessante e allegra quasi coprendo le parole di Padre Secondo e io con la mia solita fantasia, m’immagino che sia Padre Berardo che ci sta salutando gioioso… Incrocio lo sguardo ridente di Luciana e finalmente arriva un po’ di gioia, fatta di queste piccole cose. Sul finale arriva anche la pelle d’oca mentre cantiamo “Quanto sei bella” e mi riappróprio delle sensazioni perse da tempo. Finisce la messa cantiamo due canzoni allegre e subito dopo rompiamo le righe, a distanza, salutando le persone presenti per poi raggiungere il ristorante per il pranzo. Siamo una bella tavolata, ci sono anche Stefano, Giuseppe e l’aristocratico Farouk, peccato non siano rimasti tutti i Vecchioni! Finalmente si ride e si scherza, si beve e si mangia, si sta insieme in allegria. Poi Maria Antonietta racconta una storia del ristorante, legata a Padre Berardo e all’Antoniano; ci chiede di cantare qualcosa, così ci aiuta dirigendoci Antonella, visto che Luciana non c’è! Siamo fuori allenamento e si sente…un motivo in più per riprendere le prove il prima possibile. E la miccia si riaccende con una scintilla che non si vuole spegnere, infatti, finito il pranzo, alcuni di noi tornano al prato di fianco alla chiesa per stare ancora insieme. Il custode della chiesa sentendo dei rumori si allarma mentre Angela s’improvvisa pattinatrice, Giulia beve alla fontana di Mariele, Paolo spara cavolate… poi ci stendiamo a chiacchierare, a ricordare e a progettare nuove cantate proprio dalla terra di Padre Berardo…

Prove
La messa per Padre Berardo
La storia di Maria Antonietta
Canzoni stonate
Giulia alla fontana di Mariele
SuperAngela

Proprio dalla terra di Padre Berardo