Nella pausa pranzo corro a visitare la mostra “NOI…NON SONO SOLO CANZONETTE” a Palazzo Belloni fino al 12 aprile. All’ingresso mi accoglie il personale molto gentile, che mi consegna un accredito stampa (che fierezza…)
Appena entro noto gli oggetti tecnologici del passato sparsi per le sale, quelli che mi riportano all’infanzia e ai tanti posti dove sono stati appoggiati.

Ormai questo “senso di nostalgia” ho capito che fa parte del mio modo di essere e non lo rinnego più. Mi ci lascio cullare mentre percorro le sale della mostra. Osservo le foto, ci entro dentro leggendo le didascalie e mi accorgo di quante cose non so, non conosco, non ho mai approfondito mentre un video mi scuote, con la voce del cronista tragica, seria, profondamente angosciante. In questo tono della voce mi accorgo di come cambi l’umanità, sempre più abituata

alle disgrazie, esposte da voci televisive e radiofoniche sempre più “disumanizzate”. Anche la voce è musica e mi stupisco di quante riflessioni possano concentrarsi dopo pochi metri dentro una mostra. Ci sono foto meravigliose, altre conosciute ma riviste con occhi da adulta. Quel sedere con il jeans cortissimo ha tappezzato metri di muri con i cartelloni pubblicitari e chissà quanti adesivi appiccicati nelle camerette, sulle automobili e chissà dove. Giro sola nella penombra, leggo a fatica le diciture e m’illumino dalle luci della disco music quando incrocio il poster della febbre del sabato sera. John col suo collo a punta e la faccia da schiaffi mi guarda e sembra dirmi: “Eccomi, ci sono anch’io” ricordandomi quanto sia stato presente in casa mia in quegli anni.
Molta musica e zero politica.

Finalmente trovo la canzone che cercavo proprio nella sezione “MUSICA RIBELLE” che fotografo e filmo. Trovare un brano dello Zecchino d’Oro all’interno di una mostra, mi rende contenta perché spiega il senso di un testo che va al di là della canzoncina orecchiabile. Racconta la formula che ha inventato lo Zecchino d’Oro di comunicare concetti intelligenti ai bambini con le parole adatte.

E mentre trovo le canzoni “I figli delle stelle” e “Splendido splendente” rimango a bocca aperta nella scoperta del loro significato…credevo fossero solo canzonette!
Visitando il resto della mostra, incrocio visi noti, percorro lotte femministe, rivoluzioni, conquiste che hanno coinvolto chissà quante persone con le loro storie, il loro vissuto, il loro credo. Confesso che sono scombussolata, come se avessi fatto un giro su una macchina del tempo dove la mia testa ha viaggiato alla velocità della luce.