Ansia.
Come mi ci sono ficcata in questa situazione? Stavo solo raccogliendo storie in un sito …Io non l’ho mai fatta un’intervista e questa persona ha vissuto troppe cose nella sua vita…

Arrivo con un certo anticipo per avere la tranquillità del parcheggio mentre calcolo quanto tempo impieghiamo per tornare alla macchina. Per “ingannare” l’attesa, mi infilo in un bar minuscolo a bere un caffè mentre mi arrampico su uno sgabello altissimo. Così grazie al solito alienante cellulare, navigo verso l’ora dell’appuntamento. Dalla porta ogni tanto, con la coda dell’occhio, guardo l’ingresso della stazione pur sapendo che un anticipo è impossibile. Pago il caffè, ringrazio e all’ora x raggiungo la destinazione. Aspetto davanti alla scala, discostandomi dall’inizio, perché un incontro con quella prospettiva (io dall’alto) non è gradevole.
13.24 gli scrivo: ” Sono già arrivata”
13.45 non si vede nessuno…
Penso: ”Dagli il tempo di salire le scale”…
13.48 ancora niente…
Mi dico: ”Forse il treno ha ritardato”…
13.49 mi scrive: “Io sono fuori”
Mi domando: “Dove?”…
Nell’ennesimo messaggio, specifica il numero civico, così capisco che sono all’ingresso sbagliato. Chissà perché … Finalmente lo vedo da lontano e gli cammino incontro imbarazzata e minuscola. Io conosco lui ma lui non conosce me! Ci stringiamo la mano e raggiungiamo la macchina parlando del più e del meno mentre lui trascina il suo trolley bordeaux. Il cielo è grigio, cupo, pesante ma io mi sento leggera come una foglia, perché mi piace conoscere umani. Carichiamo il bagagliaio, imposto il navigatore e partiamo per la destinazione mentre lui cerca di seguire una trasmissione televisiva. Sembra distratto ma in realtà si accorge subito del mio difetto di fabbrica: la totale mancanza di senso dell’orientamento, così prende in mano la situazione alla mia prima svolta sbagliata. Quindi, mentre risponde alle telefonate e guarda il video, muove il suo dito nella direzione che devo imboccare. Inizia a piovere ed io cerco di avere una guida tranquilla mentre aziono il tergicristalli e abbasso il volume della musica. E riusciamo ad arrivare a destinazione, imboccando una stradina isolata che infittisce la mia curiosità. Sorpassiamo un cancello e ci accoglie sulla soglia un tipo cordiale. Dopo le presentazioni, raggiungiamo una sala spaziosa e piena di luce. Tiro fuori dal mio borsone di juta il cavalletto per la ripresa, una lampada e i fogli con le domande.
Insieme studiamo la miglior posizione e mi stupisco della sua pazienza. Ed è proprio lui a trovare la soluzione, collocando il treppiede su una sedia in legno mentre io mi appoggio all’angolo. Facciamo una piccola prova e clic, pulsante rosso, s’inizia. Cerco di parlare in modo chiaro ma so già che quando mi riascolterò non avrò pietà di me e noterò ogni errore di dizione, ogni pausa troppo lunga, ogni parola imperfetta. Lui invece, sembra nato per fare interviste e parla tranquillo guardandomi negli occhi, cercando tra i ricordi e raccontando la sua testimonianza musicale. Nomina tante persone, tanti eventi, locali, situazioni mentre io cerco di stargli dietro e d’infilare le domande nei momenti giusti. Ogni tanto strimpella due note al pianoforte e finalmente capisco che questo strumento ha su di me un’influenza importante. Ogni volta che mi trovo vicina ad un pianoforte è come se toccassi la musica, è come se mi riappropriassi di un tempo perduto, quello in cui, tutti i giorni ne sentivo il suo suono, nell’aula della scuola di canto. E il tempo va a tutta velocità come quando succede qualcosa di bello, toccante, travolgente. All’ultima domanda, lui risponde con un discorso che sembra una canzone e tutti e due ne rimaniamo scossi.
Ecco, questo può fare la musica… creare incontri, connessioni, magie…