Venerdì sono stata per la prima volta ad una processione per la Via Crucis del paese limitrofo.
Dopo cena ci siamo trovati con il gruppo della parrocchia, in una chiesetta in salita e con mia grande meraviglia ha deciso di partecipare anche mio figlio di sua spontanea volontà.
Sotto ad un lampione lampeggiante, l’unico che non rimaneva acceso, distribuivano le parti da leggere.
Io mi ero portata dietro la mia solita curiosità ed osservavo in silenzio tutto ciò che ci circondava.
Trovarsi sotto al cielo invece che sotto al soffitto di una chiesa, dava un respiro più grande alla funzione.
Pian piano sono arrivate le persone più o meno conosciute i vigili poi il Don e la processione per la via crucis (rito in cui si commemora Cristo nel suo cammino doloroso alla crocifissione) ha avuto inizio.
Lungo la stradina in salita c’erano delle croci in legno che segnavano le stazioni alle quali fermarsi.
Ad ognuna veniva fatta una lettura, quattordici in tutto, dove si narrava la passione di Cristo.
Grazie all’intensa interpretazione di due lettori, ho ascoltato con attenzione senza perdermi, come spesso accade, nelle letture monotone.
Perché io credo che le parole abbiano bisogno anche della giusta interpretazione per essere più incisive.
Alla fine di ogni lettura Zucchetto leggeva una frase con le sue insolite storpiature sugli accenti.
Ed è stato toccante essere lì con lui, dentro ad una passeggiata spirituale.
La sua voce squillante illuminava il buio, dando una luce speranzosa.
Al termine del percorso siamo entrati in chiesa cantando “Croce Santa”.
Poi lo “Stabat Mater” mi ha fatto venire la pelle d’oca.
Ed è proprio lì che ho sentito il mio Dio, in quello smarrimento dal terreno che non ha nulla di umano.
CANTO, CORO, RELIGIONE, SOCIETA'