Proprio perché mi piace l’ordine, ho comprato un libro che spiega come organizzare i propri spazi.
L’autrice, una donna giapponese, fissata per l’ordine fin da bambina, racconta la sua esperienza fatta di esperimenti, riflessioni e consigli. Consigli che diffonde grazie ai corsi che tiene alla lunga lista di persone, accumulata con il passaparola.
Così ho deciso di mettere in pratica i suoi insegnamenti.

La prima cosa da fare è buttare le cose inutili per categorie.
Consiglia di iniziare dall’abbigliamento per proseguire poi con tutto il resto: scarpe, accessori,ecc.
Quindi, armata di coraggio e buona volontà, sono entrata nella mia cabina armadio con “un rotolo di sacchetti grandi della spazzatura”. 0
Ho iniziato di mattina presto poiché nel libro veniva consigliato per una miglior riuscita.
Ho acceso la musica cercando su Spotify una compilation rilassante e qui ho fatto la prima scoperta. Ho capito che il pianoforte è il sottofondo che prediligo, accantonando i vari rumori della natura o altri strumenti musicali.
Ed è bello stupirsi delle proprie consapevolezze. 
Seduta sul pavimento ho iniziato a scegliere dalle magliette a manica lunga.
Questa volta mi sono affidata alle sensazioni: quello che mi suscitava il singolo capo al tatto; come lo sentivo addosso quando lo indossavo (questo è corto, quello è stretto, l’altro è ruvido, largo,…) e ho parlato a me stessa. Mi sono resa conto che il verdone proprio non mi piace vicino al viso.
Ho proseguito con i maglioni e ho capito che  la paura di spendere per comprarne altri, in realtà è una scusa perché riesco facilmente a rimpiazzarli con pochi euro nei posti giusti.
Sono poi passata ai pantaloni e le mie scelte erano sempre più veloci e mirate.
Mi sono tesa conto che erano tantissimi i capi che conservavo perché legati ad un ricordo o ad un’immagine che mi ero prestabilita di come avrei voluto essere.
E ho scoperto ancora di me che preferisco cose semplici, basiche, magari abbinate ad un accessorio particolare.
Intanto il tempo volava mentre il micio si divertiva ad infilarsi negli spazi vuoti che si creavano.

1   2Mi sentivo sempre più libera e leggera.

Ho aperto cassetti, scatole e bauli con un’avidità nuova che mi faceva stare bene.
Al contrario delle volte precedenti in cui soffrivo a buttare certe cose, ora, magari stupidamente, le salutavo con riconoscenza per i viaggi in cui mi avevano accompagnato.
Metaforicamente era come se avessi smesso di temermi aggrappata al passato, guardando solo ad adesso:

“come sono ora, cosa indosso, cosa mi piace veramente”.
E pian piano lo spazio si è trasformato dando una visione chiara.
Ho cambiato molte posizioni alle cose con una semplicità immediata.
Ma la vera liberazione sono state le scarpe che continuavo a conservare con testardaggine.3
Ho riempito una quantità di sacchi inverosimile mentre la mia cabina armadio si era trasformata in uno spazio utile e piacevole.
I miei occhi, finalmente, vedevano solo ciò che avevo voglia di vedere.
Poi mi sono divertita a riscoprire le mie doti di vetrinista, sistemando i capi per colore, piegando ogni cosa alla perfezione, dividendo a meraviglia le categorie.
Ho improvvisato un set fotografico per applicare la foto del modello di scarpe su ogni scatola.

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Arrivata a sera ero pienamente soddisfatta anche se questo è solo l’inizio…