In fila al semaforo, leggo il sedere della macchina davanti e scorgo l’indirizzo: lo stesso della nonna, quella di Bologna.

Ma lei non c’è più e nemmeno la sua casa.

Sul nome della via mi si apre un cortile dove  ho passato pomeriggi solitari a giocare…
Con la mia Graziella bianca giravo intorno al palazzo nel marciapiedino grigio che saliva e scendeva, passando dal cancello stretto, di quelli con la molla.
Ricordo le rose di cui raccoglievo i petali e le lucertole di cui, ahimè, qualche volta staccavo la coda.
Poi c’era il vicino del piano terra che suonava sempre il pianoforte che usciva dalla finestra.
Ricordo Ivan, del palazzo a fianco, figlio unico pieno di giochi che gli avrei portato via volentieri.
I sassolini nel cortile e le ore piene di niente.
La nonna che ogni tanto mi chiamava dalla finestra e i lanci di roba oltre la rete verde, di fronte ai parcheggi.
Ma con il tempo i colori sbiadiscono e i contorni si appannano.

Per me che sono una collezionatrice di ricordi, essi sono una porticina dove ritrovare pace.
Inoltre sono convinta che cercando sollievo nel passato, si possa affrontare meglio il futuro.