“Se succede che mi sento inquieta allora significa che a qualcosa é servito”, é il pensiero che ieri sera, finito il concerto, mi ha accompagnato a casa mentre scuotendo la testa mi dicevo che se questa va avanti così non la rivedremo più perché la sua bravura la porterà lontano, troppo lontano…”

Senza vergogna ho preso posto in prima fila per assistere al concerto “NOVECENTO ReViVaL UBeRPoP” di Roberta Giallo, accompagnata dal poliedrico Enrico Dolcetto e da Agostino Raimo al suo esordio. Lo spettacolo é stato offerto dalla dotta Bologna che ha saputo cogliere e accogliere una “canta-oratrice” sopra le righe di un pentagramma su cui vola. Premetto che non mi piacciono le cover perché attacco alle canzoni il ricordo di un sentimento con scotch e colla ma, con mio grande stupore, ieri sera ho scoperto un solvente leggero e potente di nome Roberta Giallo, che ha staccato tutto, in ogni canzone rivisitata, togliendomi quella odiosa etichetta di conservatrice (o meglio ancora boomer?) che mi sono appiccicata. Lei canta, parla, spiega, si traveste, fa ridere, fa piangere, fa riflettere, fa sognare, si trasforma e “forma” pensieri nuovi e ispirazioni di un’identità piena di sfaccettature, dando prova di quanto una sola personalità possa contenerne tante. Diva ma umile, sfoggia gonne di tulle in scena che diventano mantella, pailettes arcobaleno, corone di fiori e da regina, patacchi e cappelli bislacchi, bolle di sapone, giocando con lo specchio e col pubblico, col cuore e col cervello. Svela il modo per restare in equilibrio nella società che é “un gioco di società” utilizzando l’ironia come àncora per gli abissi, in cui é un attimo sprofondare quando Roberta interpreta certi pezzi come “Creep” dei Radiohead. Durante “NOVECENTO” ha sparso bellezza regalando rivisitazioni insolite con una Cenerentola soavemente rock, una Cindy Lauper grottesca, saltellando dalla favola del mago di Oz a Eurasia e molti altri mondi ancora; brani che certamente avrebbero risollevato il pessimo umore musicale di Gino Castaldo (giornalista e critico musicale) che in un articolo sull’Espresso ha motivato il suo dissenso per “la musica del momento che fa veramente schifo”, sollecitando i cantanti ad impegnaŕsi un po’. Continua il signor Castaldo, affermando che il mondo non ha solo bisogno di distrazioni ma anche di bellezza e mi permetto di aggiungere che la bellezza ha bisogno di strumenti per essere compresa e la ricerca assoluta di distrazioni é forse dovuta dalla mancanza di obiettivi e dalla paura della sofferenza che la profondità richiede.

Per finire tiro le somme ancora “inquieta”, confermando che al mio terzo concerto di Roberta Giallo mi sono sentita ancora più piccola ma con obiettivi ancora più grandi e quando un’artista riesce a smuovere umiltà e grandezza insieme allora la si può definire pura bellezza…