c’è stato un momento di questo pomeriggio in cui mi sono sentita minuscola. Ero seduta su un divano enorme, in un palazzo dai soffitti altissimi dove alle pareti c’erano dei quadri antichissimi che occupavano grandi spazi. In quelle proporzioni sembravo una bambolina appoggiata per sbaglio. Il cuore batteva all’impazzata e continuavo a ripetergli di rallentare, che non c’era niente di cui preoccuparsi. Poi ha seguito la fase “mistica” dove avevo bisogno di una mano e così ho iniziata a cercarla in quel quadro enorme una mano e ce n’era più di una e allora mi sono detta che potevo stare tranquilla. Cercavo segni di familiarità con quello che stavo facendo e quel piede dentro un sandalo con le fasce di cuoio, come quelli che vendo in negozio, sembrava di un frate. Dentro di me cercavo un sostegno, un senso e mi dicevo che sono pazza a buttarmi in queste cavalcate di adrenalina. Poi al centro del quadro, in basso, ho letto “Rossi” e mi sono calmata. Rossi come Padre Berardo Rossi, ecco sto impazzendo ma da qualche parte dovrò pure trovare un senso? Perchè stavo per incontrarmi con l’Assessore alla Cultura per parlargi del mio progetto che non è un progetto, della mia soddisfazione che non ha guadagno, della mia storia che a nessuno certo interessa. E mi sono guardata dall’alto vedendomi proprio minuscola mentre pensavo a chissà quante cose ha da fare un assessore che ascoltare i segni e i sogni di una donna bambina. Ecco, forse è questo il punto, che c’è una parte di me che vuole rimanere bambina, vuole ancora avere paura, cercare, stupirsi, sentirsi stupida e minuscola.