Venerdì 5 settembre, il palco della Casa di Quartiere Scipione dal Ferro, a Bologna, ha accolto sedici cantautrici per la nuova edizione di Onda Rosa Indipendente, il concorso gratuito promosso dal MEI – Meeting Degli Indipendenti dedicato al cantautorato femminile. Da quest’anno, l’evento si apre a tutte le età, segno di una volontà che guarda più al contenuto che all’anagrafe. A presentare la serata è stata ROBERTA GIALLO, cantautrice e direttrice artistica dell’evento, che con la sua naturale comunicatività e senso del ritmo scenico, ha saputo accompagnare il pubblico attraverso le esibizioni, creando connessioni sincere con le artiste e valorizzandone ogni sfumatura. Accanto a lei, due ospiti d’onore: Cenere e Rea, due giovani voci che si sono ritagliate un ruolo di rilievo nel panorama indipendente, confermando che il talento può fiorire anche fuori dai grandi circuiti.
La serata si è dipanata tra mondi sonori eterogenei: alcune esibizioni erano sorrette da basi preregistrate, altre da strumenti dal vivo. In certi casi, l’accompagnamento ha saputo esaltare la voce e il messaggio; in altri, purtroppo, lo ha soffocato. Ma ciò che ha colpito è stata la sicurezza scenica della maggior parte delle partecipanti: alcune con una presenza matura e controllata, altre con entusiasmo più acerbo ma non privo di fascino.
Curiosa – e forse significativa – la scelta di almeno la metà delle concorrenti di adottare un nome d’arte straniero, quasi a voler cercare un’identità altra, o forse a dare un respiro internazionale alla propria proposta. È una tendenza che racconta anche il desiderio, spesso sincero, di distinguersi, di reinventarsi, di parlare una lingua nuova per farsi ascoltare davvero.
I testi, però, hanno restituito un panorama diseguale. Alcuni brani hanno saputo proporre immagini forti, trovate narrative originali, o almeno un’intenzione chiara. Ma non sono mancati momenti in cui il contenuto si è rifugiato in un lessico già esplorato: catene, libertà gridata, stanze vuote, dolori sbandierati come verità assolute, ma raramente indagati con profondità. In più di un caso, l’urgenza di dire sembrava sorreggersi su una sola frase efficace, lasciando il resto del testo in una zona grigia di parole troppo simili tra loro, troppo riconoscibili per lasciare davvero il segno.
Il risultato è che, per quanto lo spazio espressivo fosse ampio e l’intenzione autentica, non tutte le performance hanno retto il confronto con l’esigenza di qualità artistica. Salire su un palco non è un diritto automatico, ma una responsabilità: il pubblico, anche quello più partecipe e accogliente, riconosce la verità quando la incontra. E la verità passa anche per la scrittura, per la voce, per la capacità di stare in scena.
All’unanimità della giuria ha trionfato “Viaggio da fare” di Pellegatta, uno dei brani più luminosi della serata, che racconta il rapporto con la musica come quello con un figlio da crescere. Una scelta premiata non solo per la leggerezza del tono, ma per la sua struttura coerente, la melodia centrata e un messaggio positivo, capace di risuonare senza bisogno di forzature.

Ciò che ha accomunato tutte le artiste, però, è stata una determinazione palpabile. Alcune trasudavano consapevolezza, altre ancora cercavano la propria voce. Tutte, però, hanno mostrato di avere il coraggio di esporsi. Il tempo dirà chi saprà mantenere dritta la schiena della propria convinzione e chi, invece, la piegherà sotto il peso dell’incertezza o di una consapevolezza più amara.
Ma in ogni caso, ognuna di loro potrà un giorno ripensare a questa serata senza rimpianti, con la certezza di averci almeno provato. E in un mondo che spesso tace le voci emergenti prima ancora che parlino, questo – già da solo – è un atto di valore.