Ieri mi sono ritagliata un pomeriggio per noi due.
Dopo pranzo, con calma, abbiamo preso l’autobus per andare in centro.
Il sole era caldo e le strade libere.
Un giro tra qualche bancarella di oggetti vecchi e antichi, un salto da Scout, un frappè al cioccolato e via a cercare una farmacia.
Lei era nervosa e lo capivo dalle rispostacce che mi dava…Quando è così va semplicemente ignorata.
Ho scelto la farmacia più grande e una volta arrivate, la sua faccia era tesa.
Mi sono rivolta al banco chiedendo se “facevano i buchi alle orecchie ” e dopo aver scansionato tutto il personale, mi hanno indicato proprio la farmacista che m’ispirava più fiducia.
Lei ci ha guardate, ha sorriso, poi ci ha fatto entrare in una stanzina e scegliere gli orecchini da sparare.
Lei era spaventata aveva la faccia tirata, l’ha fatta sedere. Ha scelto gli orecchini più graziosi.
Poi la signora ha infilato gli orecchini nelle pistole e lei guardava terrorizzata.
Io ho cercato di calmarla chiedendo alla signora se le avrebbe fatto male e no, certo che no è stata la risposta!
Poi una disinfettata al lobo e “zack” tipo cucitrice, ha fatto il primo buco.

“Zack”, il secondo, seguito da un “ahi!” e le si leggeva il disagio per il male.
Ed eccola con un viso diverso. Con quelle due piccole luci alle orecchie, con quella nuova luce al viso.
Le farmaciste la guardavano incuriosite e chissà se qualcuna pensava al peso di quel piccolo gesto.

Perché io ho aspettato a fare i buchi alle orecchie di mia figlia.

Ho aspettato come cerco di fare per ogni cosa. Perché cerco disperatamente di dare sempre dei significati alle cose. Perché il mondo che ci circonda è troppo svuotato, troppo leggero, troppo veloce. Perché c’è un bisogno enorme di significati per dare significato alla nostra vita.

Siamo uscite e nella nostra bella piazza Maggiore ventosa, le ho scattato la prima foto da “piccola donna”.