Ieri sera siamo stati alla Festa dell’Unità e dopo cena abbiamo fatto un giretto.
A un certo punto mia figlia si è illuminata vedendo una mega struttura di “adventur park”.
Il parco avventura non è altro che un percorso acrobatico costituito da ponti tibetani, teleferiche su carrucole, corde reti e passerelle, che permettono il passaggio da un albero all’altro a varie altezze.
In genere esistono vari tipi di percorso: per adulti e bambini ma in questo caso ce n’era solo uno.
Dopo qualche titubanza per la difficoltà, abbiamo deciso di farla provare.
Ero curiosa di vedere fino a che punto si spingesse la sua audacia.
Così dopo aver pagato, un tipo le ha montato un’imbragatura spiegandole come usare i due moschettoni.
Quindi lei è partita per la sua avventura.
Ha iniziato ad arrampicarsi con grande agilità tra corde e bastoni con il suo vestitino multicolore.
Ad un certo punto nella seconda parte del percorso, dove l’altezza e la difficoltà erano maggiori, si è fermata, abbracciando il palo e dicendomi da lassù: “ho paura, mi dispiace!”.
Io le sorridevo scuotendo la testa. L’addetto l’ha raggiunta per farla scendere ed io ero commossa per il coraggio che aveva avuto fino a quel momento.
Ma in realtà il coraggio è un’altra cosa ovvero, vincere la paura che lei fino a quel momento non aveva avuto. Prima di lei c’era un’altra bimba temeraria che voleva scendere nello stesso punto.
Ad entrambe le aspettava un attraversamento con bastoni distanziati. La bimba alla fine è passata e dopo aver esultato ha urlato qualcosa a mia figlia.
A quel punto anche lei è ripartita e non si è più fermata, sotto le nostre bocche spalancate ed i nostri incitamenti.
Ha attraversato tutto il percorso fino a raggiungere terra.
E’ splendido guardare un figlio cavarsela da solo.


