IL TRIANGOLO NO
Alla festa della scuola, in giugno, ho comprato un libro a 50 centesimi.
L’ho messo da parte e ogni tanto ne leggo un pezzo.
Oggi ho scoperto un concetto nuovo che mi ha colpita perché secondo me è molto veritiero.
Si tratta del “triangolo”, uno schema comportamentale di molti.
Succede che, per ridurre il senso d’ansia insorto in un rapporto, spostiamo i sentimenti da una persona all’altra. Inconsciamente ci concentriamo su una terza persona che coinvolgiamo per diminuire il livello d’intensità emotiva che altrimenti solo la coppia iniziale dovrebbe sopportare.
Detto in parole povere, non affrontiamo direttamente il problema ma lo scarichiamo su un’altra persona.
In questo modo s’innesca un circolo vizioso. Quando un triangolo si scompone le questioni emergono.
Può accadere in ogni ambito: familiare, lavorativo o delle amicizie.
Io di triangoli ne ho costruiti tanti: con mia madre e mia sorella, con mio marito e mia figlia, con chissà quante amiche e chissà quante volte.
Forse il fatto di averne afferrato il meccanismo può essere un modo per non ripeterlo.
Si tratta d’imparare a conoscersi profondamente, ad essere sinceri con se stessi e a sapere riconoscere le proprie emozioni.
Quante volte ci si arrabbia per cose che sono solo una “copertura?”
